Serie: Nuove generazioni di professionisti per il settore elettrico (Episodio 4)
Da apprendista a collaboratore
Chi oggi forma apprendisti, domani può contare su validi collaboratori. È un sistema collaudato per far fronte alla carenza di manodopera. I giovani professionisti apprezzano di non essere lasciati soli al termine della formazione di base.
Il ramo elettrico forma molti più apprendisti di quelli di cui ha bisogno. La collettività ringrazia e assume volentieri giovani elettricisti: presso il servizio tecnico delle banche e delle assicurazioni, i pompieri o la polizia, installatori elettricisti e tecnici analoghi sono manodopera ricercata. Visto così, il ramo elettrico fornisce un vero e proprio pubblico servizio, con il risultato che alla fine gli specialisti vengono a mancare a lui.
La sfida che le aziende devono affrontare è limitare la perdita inevitabile di installatori elettricisti a quelli meno qualificati. Ma gli elementi validi sono per lo più anche i più ambiziosi. E qui entra in gioco il mercato. In molti casi si punta sull’elevata mobilità professionale dei giovani. Di aspettative ce ne sono da entrambi i lati. Solo conoscendo quelle del loro futuro personale, le aziende riescono a fidelizzarlo. Se non sono in grado di farlo, gli elettricisti qualificati si rivolgono, in mancanza di posti interessanti, ad aziende di altri settori specializzate in nuove tecnologie. L’obiettivo, quindi, è chiaro: conservare i giovani lavoratori nella propria azienda per il periodo desiderato. Per farlo è necessario offrire un contesto lavorativo attraente e innovativo.
Apprendisti soddisfatti
I presupposti per raggiungere questo obiettivo sono assolutamente favorevoli. Alla fine del periodo di tirocinio l’imprenditore conosce le qualità dei suoi futuri collaboratori. Sta a lui parlare di avvenire con ex apprendisti che stanno cercando di orientarsi professionalmente e fare chiarezza sulle proprie preferenze.
Il ramo elettrico ha tanto da offrire ai giovani: sono loro, infatti, a fornire un contributo notevole allo sviluppo tecnologico e sociale. E sono motivati. In uno studio commissionato nel 2009 dall’USIE, il 60 % degli apprendisti si è detto soddisfatto delle scelta delle formazione di base e il 15 % «molto soddisfatto». È un dato su cui si può costruire. Deve essere possibile indicare a chi ha concluso l’apprendistato prospettive professionali, trovare insieme in quali ambiti vorrebbe lavorare e coinvolgerlo nello sviluppo dell’azienda. Servono attività che diano un senso allo sviluppo individuale. Anche la maturità professionale (MP) è un tema importante. Certo, l’apprendista è molto distante dal posto di lavoro, ma giovani bravi a scuola fanno bene a un’azienda e contribuiscono alla sua visibilità, non ultimo nel confronto con altri settori. L’esperienza dimostra che non tutti coloro che assolvono un MP proseguono gli studi presso scuole universitarie professionali. Non di rado rimangono nel ramo e optano per esami di professione ed esami professionali superiori. E quelli che effettivamente intraprendono gli studi ritornano probabilmente in azienda e non solo durante le vacanze del semestre. Se un’azienda di formazione sostiene il percorso di un apprendista, alla fine entrambi ne guadagnano: durante e dopo la formazione di base.